Perché senza depossessione non ci può essere una conoscenza obiettiva della realtà?
Semplicemente perché il possesso di una realtà è soggettivo e quindi impedisce un rapporto vero che viene invece compromesso sia dalla soddisfazione del possesso sia dalla paura della perdita di quella sostanza che la realtà rappresenta. Soddisfazione e paura impediscono non solo un rapporto puro con la realtà, ma anche poco chiaro e stendono un velo che nasconde la costruzione di una conoscenza (acquaintance) con l’esercizio della partecipazione.
Per comprendere questo assunto bisogna riferirsi al processo della conoscenza quando nel suo sviluppo diventa possessiva. Con una conoscenza iconica il bambino si impossessa delle apparenze della realtà con la quale si rapporta per giocare con essa. Con la conoscenza concettuale il fanciullo si impossessa del piacere che la realtà gli procura. Immagini e concetti si legano in questo modo al possesso prima delle apparenze figurative e poi delle qualità di una realtà e le deformano o le soggettivizzano, deformando così la stessa conoscenza. In questo modo la realtà non appare e non vale per quel che è, ma per quel possesso che l’uomo intrattiene con essa. Al contrario, quando la realtà non ha padroni diventa padrone di se stessa e tutti la rispettano per quel che è e non per il fatto che la posseggono.
È l’universalità del rapporto che garantisce l’obiettività della conoscenza. Questa universalità è possibile perché nasce dall’accordo anche solo tra due persone e non dal possesso di una sola persona, non tanto della realtà in se stessa, ma di quel tipo di rapporto che loro intrattengono con essa.
La possessione colora ed emoziona il rapporto, mentre l’accordo comune chiarisce e purifica il rapporto stesso permettendo alla realtà non solo di esistere, ma anche di essere quello che essa è. Il rapporto che nasce da un giudizio basato sulle virtù dello spirito e sulla partecipazione dell’essere induce l’esistere a considerare la realtà un bene e quindi a rispettarla come dono e non a rubarla per possederla. Quando si ama e si rispetta una realtà la si vede, per partecipazione e per quanto possibile, con gli occhi di chi la ha creata, così come era stata pensata in quel cielo che non è un iperuranio, ma un fuoco di amore per tutte le realtà, uomo compreso, riunite nell’accordo della verità e del bene.
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